Ho già scritto come questo sia un periodo durissimo per
Elvira: marchiata come adultera, con un figlio illegittimo di Puccini (Antonio
detto Tonio, nato il 22 dicembre 1886), malvista spesso anche dai parenti
presso i quali si deve rifugiare quando le misere entrate di Puccini non
permettono di vivere tutti insieme. Fosca da anziana signora ricordava ancora
di quando da bambina veniva mandata a letto presto per risparmiare la cena. Questa
famiglia irregolare – Giacomo, Elvira, Fosca e Tonio – se la vide piuttosto
brutta fino al successo di Manon Lescaut (1893) che finalmente portò entrate
regolari e la possibilità di riunire tutti sotto uno stesso tetto, o meglio più
di uno: da una parte a Torre del Lago, non ancora nella villa che poi fu la
dimora preferita di Puccini, o a tratti a Milano dove Puccini ebbe sempre un
appartamento in affitto, prima in via Solferino e poi in Via Verdi su un lato
della Scala. Un motivo di scontento perenne fra Elvira, Fosca e Puccini fu
proprio Torre del Lago: le donne preferivano di gran lunga stare a Milano dove
la vita era più piacevole, piuttosto che lontano dal mondo di faccia ad una
palude.
Puccini accetta Fosca come una figlia, lui la chiamava
“Beo”, lei lo chiamava “babbo”, il che
ha fatto pensare a qualcuno che davvero fosse figlia sua. Io non ci credo
perché questo costringerebbe ad aprire scenari difficili da valutare: per
esempio, se come tutto lascia pensare il matrimonio fra Gemignani ed Elvira
serviva a riparare un fatto compiuto, come mai Gemignani avrebbe dovuto sposare
in tutta fretta Elvira se non era incinta di lui? – Qualcuno avanza l’ipotesi
che anche Renato fosse figlio di Puccini, e questo potrebbe essere più
verosimile.
Nel 1900 Fosca era una signorina in età da marito.
Apprendiamo da una lettera di Puccini che aveva almeno due spasimanti: un
violoncellista squattrinato ed un tenore, Salvatore Leonardi detto Toto, e
Puccini era arrabbiato con lei perché preferiva il violoncellista a Leonardi
che, figlio di una baronessa e di un magistrato, almeno sarebbe stato in grado
di mantenerla. La lettera è abbastanza pesante e si indovina che dietro ci
devono essere state discussioni familiari intense: qui Puccini svolge funzione
paterna, e anche con una certa foga. Leonardi smise di cantare molto presto,
divenne prima impresario e poi imprenditore di un certo successo, e fu lui a
sposare Fosca nel 1902. La coppia risiedeva principalmente a Milano in un
appartamento lussuosissimo in via Morone angolo via Manzoni, per le visite a
Torre del Lago Fosca aveva acquistato un villino separato che poi era lo stesso
(ex proprietà Grottarelli) dove aveva vissuto con la famiglia Puccini prima che
questa acquisisse la villa grande che fu la residenza definitiva del maestro. Appena
Fosca lascia casa Puccini, inizia una certa corrispondenza, per lo più su
argomenti di natura familiare e per noi di scarso rilievo. Puccini lamenta che
una volta uscita Fosca di casa la vita è più difficile. Ricordiamo che nel 1902
siamo in piena crisi per l’amore fra Puccini e Corinna, può anche darsi che il
precipitare della relazione fra Puccini ed Elvira abbia indotto Fosca a
sposarsi per uscire da una famiglia sempre più tormentata dall’infedeltà di lui
e dalla gelosia di lei, ormai giunte entrambe a livelli patologici. Fosca, fino
a quando è rimasta in casa, dev’essere stata una sorta di ammortizzatore tra le
reciproche incomprensioni, che viene a mancare proprio quando la crisi
coniugale diventa più acuta.
Il matrimonio di Fosca con Leonardi non fu dei più felici.
Punteggiato dalle infedeltà di entrambi, finirono in pochi anni con il
separarsi tacitamente e condurre ognuno la propria vita. Ebbero tre figli,
Franca, Elvira ed Antonio. Elvira, che ovviamente prendeva il suo nome dalla
nonna, ebbe da Puccini il soprannome “Bicchi”; crebbe come una piccola
principessa nell’ambiente della Milano bene – i Crespi, i Visconti, i Toscanini
che visitavano regolarmente il salotto di Fosca - con il tempo la piccola
Elvira assumerà lo pseudonimo “Biki” e aprirà un celebre atelier di moda, la
cui cliente di punta sarà Maria Callas.
Ci fu una grave rottura fra Puccini e i due Leonardi, Fosca
e Toto, in coincidenza della vicenda del suicidio di Doria Manfredi: per alcuni
anni furono dichiarate persone non gradite in casa Puccini e in generale a
Torre del Lago. Inizialmente, appoggiandosi ai frammenti di lettera che Vincent
Seligman aveva resi pubblici nella corrispondenza di sua madre, si sapeva che
Puccini lamentava che i parenti di Elvira ne avessero eccitato la gelosia nei
confronti della povera domestica Doria; ma non si sapeva quali fossero questi
parenti. Con l’emergere di altra corrispondenza, fra cui due lettere alla
Seligman citate solo parzialmente da Vincent, ora finite nella disponibilità della
Library of Congress e leggibili per intero, l’ipotesi più plausibile è che a
montare la rabbia di Elvira contro Doria sia stata proprio Fosca. Valleroni
poi, che scrive nel 1983 e raccoglie le memorie tramandate dal popolo di Torre
del Lago, dà questa cosa per sicura. Fosca intratteneva una relazione con
Guelfo Civinini, che frequentava casa Puccini come secondo librettista de “La
Fanciulla del West”. La povera Doria Manfredi li avrebbe involontariamente
sorpresi in un momento intimo, e sarebbe diventata suo malgrado un testimone
scomodo da far sparire di casa. – Puccini era sicuramente a conoscenza della
relazione, forse potrebbe essere stato informato proprio da Doria, o forse
potrebbe averla scoperta da solo. Sta di fatto che Civinini viene buttato fuori
casa e la sua carriera di librettista inizia e termina con La Fanciulla del
West. In una delle lettere della Library of Congress Puccini anzi lamenta
l’orrore di dover mettere in musica un libretto scritto da una persona a cui
addossava parte della responsabilità della morte di Doria. Schickling è a
conoscenza di un dossier di Puccini in una cartellina intitolata “Fosca – Civinini”;
forse un dossier simile a quello che compilarono gli investigatori che
sorvegliarono la Cori, ma è di proprietà di un collezionista privato che non ne
rende noto il contenuto.
Per cui Fosca avrebbe eccitato la gelosia di sua madre
contro la domestica per ottenerne il licenziamento. Puccini si avvede subito di
questa cosa, tanto che sempre scrivendo alla Seligman – la vicenda Manfredi si
sta facendo grave ma non è ancora precipitata - dice di aver chiuso i rapporti
con la famiglia Leonardi (Fosca e suo marito). Come sappiamo, la gelosia di
Elvira crebbe fino ad un livello patologico, andò a diffamarla presso la madre,
il prete, gli abitanti di Torre del Lago, insultandola pubblicamente e
minacciandola. In breve Puccini ed Elvira si trovarono in rotta e la convivenza
divenne impossibile. Il Puccini parte per Roma, Hotel Quirinale, ed Elvira per
Milano. Il 23 gennaio 1909 Doria si avvelena con tre pastiglie di sublimato
corrosivo: il veleno causa emorragie inarrestabili ed altro non si può fare che
attendere la morte della ragazza, che giunge nella notte del 28 gennaio.
Esiste una testimonianza in forma di lettera da Carlo
Marsili, figlio di Nitteti sorella di Puccini a Ramelde, altra sorella di
Puccini. Il giovane Carlo fu spedito da Ramelde a Roma per sorvegliare Puccini
che era al colmo dell’abbattimento: si temeva un gesto irreparabile. Un
dettaglio ci fa sorridere, nonostante tutto: un Puccini irriconoscibile,
invecchiato di anni in pochi giorni, che sospirando e piangendo e percorrendo nervosamente
la camera d’albergo si ingozza di dolci e paste nella speranza di morire di
diabete. Un dettaglio, invece, è straziante: alla notizia della morte di Doria,
Fosca ed Elvira a Milano ne ridono perché si sono finalmente tolte di torno
l’impicciona.
All’inizio del 1910 sappiamo che Fosca è malata a Milano,
ormai era completamente separata dal marito, Elvira va ad assisterla e rimprovera
Puccini per la sua freddezza nei confronti della figliastra (ma alla fine
Puccini si risolve a scrivere anche a lei). Qualche mese dopo Fosca cerca di
riallacciare il rapporto con il patrigno scrivendogli mentre si trova a New
York, ma Puccini non ha ancora dimenticato. Per il 1912 troviamo Fosca
riconciliata con Puccini, perché accompagna lui ed Elvira in un viaggio a
Parigi.
Adami ci dà notizia della presenza di Fosca e di Leonardi
alla prima lettura, con esiti disastrosi, della stesura iniziale del libretto
del primo atto di Turandot. Successivamente, abbiamo notizia di Fosca al
capezzale di Puccini nella clinica di Bruxelles. A sentire Vincent Seligman,
figlio di Sybil, le cose andarono così: solo Tonio e Fosca erano a conoscenza
della diagnosi di tumore che imponeva una cura con il radio dall’esito incerto;
a Puccini non fu detta tutta la verità, e neanche ad Elvira che non stava
troppo bene neanche lei. Quando Puccini parte il 4 novembre 1924 per il viaggio
della speranza a Bruxelles lo accompagna Tonio, Elvira ha la bronchite e Fosca
rimane ad assisterla. Da Londra arriva a Bruxelles la vecchia amica Sybil, che
presa coscienza della gravità della situazione scrive a Fosca di venire
immediatamente.
Narra Vincent Seligman che nel pomeriggio del 28 novembre
Fosca si trova al letto del maestro e inizia a scrivere, a matita, una lettera
a Sybil dove annuncia che, nonostante l’operazione sia stata pesantissima, ci
sono speranze di guarigione. A metà foglio si alza per andare in corridoio a
cercare nella borsa l’indirizzo di Sybil e in quei due minuti che rimane fuori
della stanza, Puccini ha un collasso cardiaco. Quando rientra è praticamente
moribondo. Morirà il giorno successivo e Sybil riceverà la mezza lettera
scritta a matita insieme con l’annuncio della morte.
Fosca rimane vedova nel 1938, nella stessa maniera in cui
era rimasta vedova sua madre. Il Leonardi, che viveva solo in casa con una
domestica, viene trovato malridotto e sanguinante nel suo letto e muore per le
lesioni riportate dopo pochi giorni. Dopo tre anni verrà casualmente scoperto
l’autore del pestaggio; il movente ufficiale fu fatto passare per rapina,
probabilmente per proteggere il buon nome di Fosca e del Leonardi, in realtà si
trattava della vendetta del fratello di una operaia che il Leonardi aveva
tentato di insidiare.
Racconta il Marek, che scrisse una ottima biografia di
Puccini in inglese nel 1952 ricercando le fonti originali – tuttora il suo
libro è l’unica fonte per il testo di alcune lettere andate successivamente
rubate – che facendo ricerche su Puccini nella Milano del dopoguerra ancora
devastata dai bombardamenti, le sacerdotesse del culto pucciniano erano due:
Rita Dall’Anna, la vedova di Antonio Puccini, che forse il maestro non lo aveva
neanche conosciuto, e Fosca Leonardi che viceversa aveva abitato in casa sua da
quando aveva cinque anni. Per qualche motivo fra i pucciniani si erano formate
due fazioni, i foschisti e i ritisti, apparentemente le due donne, pure aperte
alla ricerca e disponibili agli studiosi, erano d’accordo solo su una cosa: la
vicenda di Doria Manfredi non doveva essere ricordata.
La vicenda di Fosca ha un epilogo strepitoso. Da una vita
Fosca era l’amante del suo padrone di casa di via Morone, il senatore ed
industriale Mario Crespi. Nel 1952 (Fosca aveva quindi 72 anni) se lo sposa.
Crespi condivideva con due fratelli la proprietà del Corriere della Sera, e
sembra che Fosca abbia causato non pochi litigi fra i tre fratelli per le sue
intromissioni nella gestione del giornale. Fosca muore nel 1968 a 88 anni.
Grazie per questi interessantissimi approfondimenti!
RispondiEliminaStoria molto complicata ma scritta con grande chiarezza! Grazie.
RispondiEliminaStoria molto complicata ma scritta con grande chiarezza! Grazie.
RispondiEliminaFosca di nome e di fatto! Orribile che lei e sua madre ridessero della povera Doria, che persone senza cuore.
RispondiEliminaScritto molto chiaro e veritiero. Grazie.
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