Carignani portava la barba ma siccome aveva il mento
pronunciato si guadagnò il soprannome di “bazza”. In un momento di particolare
indignazione Elvira lo nomina anche come “bazzone”, anzi “perfido bazzone”:
sembra che durante le trattative per la liquidazione della Cori avesse consigliato
a Puccini di trattare personalmente e non tramite avvocati. Elvira era
assolutamente contraria che Puccini rivedesse la Cori, per paura che crollasse
psicologicamente e ricominciasse la tresca, per cui scrive a Ricordi che si
inventi qualche lavoretto da far fare a Milano al perfido bazzone in maniera di
toglierselo da casa prima che metta in testa a Puccini qualche altra brillante
idea. Naturalmente questo appellativo ha messo in crisi i traduttori stranieri
che non sanno come interpretare questa lettera.
Carignani seguiva spesso non solo le prime esecuzioni, quando
c’erano da mettere a punto le partiture, ma anche le avventure ed i giri pesca
di Puccini. Almeno una volta però si mise al servizio di Elvira contro Giacomo.
Le due donne di casa Puccini, Elvira e Fosca la figlia di Elvira, preferivano
di gran lunga stare a Milano dove ci sono tutte le piccole distrazioni che rendono
la vita sopportabile. Stare a Torre del Lago era interessante solo per Puccini
che andava a caccia ma di una noia mortale per il resto della famiglia. Andare
al villino di Chiatri sui monti dietro Lucca, poi, che a quei tempi si
raggiungeva per una stradina che era poco più di una mulattiera, significava
essere completamente fuori dal mondo. Per cui convinsero Carignani a vestirsi
da fantasma e ad apparire di notte a Puccini per convincerlo che nella villa
c’erano gli spiriti e non ci si poteva rimanere.
Carignani era detto anche “mestola”.
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