1. Nella finzione scenica, quel giuggiolone di Ruggero ne La Rondine, dopo una notte di coccole con Magda:
“Non son più solo con l’amor tuo
che si risveglia ogni giorno più ardente,
più intenso, più santo!”
2. Nella vita reale,
Josephine von Stengel a Puccini, 22 marzo 1915,
“Oggi avevo la tua
lunga lettera, così cara e sincera. Mi pareva sentirti parlare. Dunque mi
desideri e mi dai mille nomi teneri: e con tanta poesia mi parlavi! Sentivo
bene il tuo amore e il tuo profondo sentimento che è veramente santo.”
“Come ti desidero e
come vorrei essere al tuo cuore per riposare nel tuo amore, così santo e così
profondo!”
Nella finzione scenica
arriva la lettera della mamma di Ruggero a ricordare che l’amore diventa santo
quando si fanno bambini (e appena la legge Magda capisce perfettamente e toglie
il disturbo). Nella vita reale, Josephine è tanto esaltata d’amore per Puccini
da recarsi, lo leggiamo in una lettera di pochi giorni prima, in una chiesetta
a ringraziare il Signore. Il che, da un punto di vista squisitamente religioso
è un po’ singolare: Josephine, mentre scrive, è cattolica e vedova, ma
Puccini è sposato in maniera visibilmente ingombrante.
Verosimilmente per
Josephine (e per Adami, in luogo dei suoi personaggi) quello che rende santo
l’amore non è la sua regolarità o la benedizione del prevosto ma l’intensità
del suo ardere. E penso anche per Puccini. Non guardate solo agli aspetti più
boccacceschi delle vicende che vi ho raccontato. Quando Puccini si innamorava
ne rimaneva completamente travolto e diventava più cotto di una mela al forno.
Ci sono lettere d’amore dove lo leggiamo ridotto completamente a uno straccio.
Sull’intensità di certi sentimenti pucciniani, per quanto irregolari, io
metterei la mano sul fuoco. Sulla costanza dei detti sentimenti forse meno.
I mistici parlano
ogni tanto della santità dell’amore, vedi il Cantico dei Cantici o Santa
Caterina da Siena, ma chi non è mistico o scrive fuori dal contesto
specificamente religioso raramente usa questi due termini, “amore” e “santo”,
insieme nella stessa frase. Ho provato a cercare un po’ di esempi ma ne ho
trovati veramente pochi. Pensavo potesse essere una eco dannunziana ma mi
sembra una falsa traccia. Qualcuno ha in mente qualche esempio?
In pratica, il
sentimento legittima l’amore anche senza la regolarizzazione formale. Nell’epistolario
pucciniano troviamo anche una situazione contraria. I parenti di Puccini quando
videro che era cotto di una ragazzetta anche un po’ di moralità discutibile,
gli ricordarono che aveva dei precisi doveri verso l’Elvira e il figlio Antonio,
invitandolo a regolarizzare la sua posizione con lei – invito puramente teorico
ed impossibile a realizzarsi essendo Elvira legalmente sposata con il
Gemignani. Puccini rassicurava i parenti perché non si aspettava che il
Gemignani sarebbe morto così presto. In questo caso però, non aveva espressioni
romantiche e il matrimonio non era santo. Rispondeva che avrebbe fatto questa
cosa non appena materialmente possibile, definendola una “vecchiata”.
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