24/11/17

Le tre crazie


Da sinistra a destra: Alba detta Albina, Nina e Nelda Franceschini, nate fra il 1887 e il 1892, sono le figlie di Ramelde Puccini (1859-1912), sorella minore di Giacomo, e di suo marito Raffaello Franceschini, esattore delle imposte di Pescia; quindi Puccini era lo zio delle tre bambine.

Ramelde era la sorella preferita, quella alla quale Puccini scriveva più di frequente, con la quale si confidava o litigava o discuteva più spesso. Occasionalmente Puccini le mandava anche qualche lettera o poesia un po’ volgare (una sorta di riedizione della vicenda di Anna Thekla Mozart), oppure prendeva anche in giro pesantamente il marito, di solito giocando sulla differenza fra Ramelde, donna di forme piuttosto abbondanti, e Raffaello, ometto magro e nervoso. Numerosi i soprannomi affibbiati a tutti e due, notevoli due di Ramelde: “ramaiolo” (per assonanza con il nome) o, in un periodo di passione debussyana, “Melisande”; Raffaello, di solito, era chiamato “Vino”.

Tramite Albina molta della corrispondenza fra Ramelde e Puccina è stata resa nota, con questo fornendo informazioni familiari e biografiche molto preziose. Alla scomparsa della madre, Albina che nel frattempo era già una giovane signora ne eredita il ruolo di confidente dello zio.

Quando le tre sorelle Franceschini erano piccole, ogni lettera dello zio indirizzata al loro babbo o alla loro mamma terminava con un saluto a loro, di solito identificate con un soprannome collettivo. Il soprannome iniziale era “le tre grazie”.

“Saluta Ramelde e le 3 grazie” (26/5/1893 – idem 12/11/1893)

Dopo breve tempo le tre bimbe non furono più tre grazie, ma “tre crazie”. La crazia era una antica moneta toscana. La crazia venne coniata fino al principio dell’ottocento, ma rimase in circolo. All’Unità d’Italia, passando dalle lire fiorentine (che valevano di meno) a quelle italiane, il valore della crazia, ritirata dalla circolazione, fu stabilito in 7 centesimi di lira italiana. Pertanto le “tre crazie” assunsero il soprannome collettivo di “21 centesimi”.

“Saluta Ramelde e bacia i 21 cent” (23/9/1893 – idem, 30/10/1893

o anche forme più complicate:

“Saluta le signorine 3 via 7” (24/11/1893)
“Saluta Ramaiolo e 3 via 7” (3/12/1893)
“Addio saluti a Ramaiolo e 7  7  7  21” (5/12/1893)
“Ciao saluti caro Vino e 3:777” (8/12/1893)
“Saluta Ramelde e 3 x 7” ( 4/1/1894)

Qualche volta le bimbe vengono ricordate con forme tipicamente lucchesi: “Salute a te e alle piscione” (8/10/1893), “Saluta Ramelde e bambore” (17/1/1894), “Salutando la Femmina e pitorine” (9/3/1894).

(citazioni dal I volume dell'Epistolario a cura di Biagi Ravenni/Schickling ediz. Olschki)


17/11/17

La lettera di Elvira

http://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/2017/musical-manuscripts-l17406/lot.59.html

Vedo che è in vendita all’asta da Sotheby il 27 novembre prossimo l’originale della terribile lettera che Elvira indirizzò a Puccini il 25 marzo 1909, dopo il suicidio di Doria Manfredi. Il testo della lettera nonché il facsimile si trova su “Puccini com’era” a cura di Marchetti, una delle principali antologie di lettere di Puccini e parenti. Una lettera che qualche settimana fa ho definito durissima, ancora urtante oggi da leggere, addirittura terrificante se se ne guarda la scrittura rabbiosa.

Il suicidio della Manfredi (fine gennaio 1909) coglie Elvira a Milano e Puccini a Roma. Inizia un periodo di separazione tra i due, anzi per essere precisi sia Giulio Ricordi che Carlo Nasi, l’avvocato di Puccini, lo consigliano nei termini più pressanti di separarsi definitivamente da Elvira, a tutela del suo nome e della sua stessa salute. Nasi stende addirittura un atto di separazione che non sarà mai registrato. Nonostante l’autopsia che accerta lo stato di verginità di Doria, Elvira si rifiuterà sempre di ammettere una sua colpa e sosterrà sempre che Doria era l’amante di Puccini. Questa lettera segna il momento di maggiore distanza tra i due coniugi (in seguito ci sarà un riavvicinamento e contro il parere di tutti Puccini si riappacificherà con Elvira, abbandonando l’idea della separazione). Elvira è frastornata dagli eventi, ma tutto sommato non pentita perché convinta di avere ragione e la sua lettera è un implacabile atto di accusa.

La lettera inizia rimproverando a Puccini, 5 anni dopo la sua chiusura, la relazione con Corinna. Qui apprendiamo che quando arrivò a Torre del Lago la lettera dell’avvocato di Corinna (24 novembre 1903) Puccini ne fu talmente spaventato da meditare la fuga in Svizzera, segno che non si trattava di una richiesta di soldi, sempre trattabile, ma di minacce probabilmente di un procedimento penale. Queste poche righe sono tutto sommato la principale fonte di informazione sulla chiusura della relazione con Corinna; una cosa che Elvira, sotto sotto, non ha metabolizzato. Penso che Elvira non sia mai riuscita a superare l’umiliazione di dover strappare il suo uomo ad una sgarzolina, e che questa sia una delle cause che hanno portato alla persecuzione di Doria.

Elvira però prosegue con una vera e propria requisitoria, e di fatto psicanalizza Puccini:

“Col tuo egoismo hai distrutto una famiglia ed hai causato cose assai gravi, e se è vero che nel mondo tutto si sconta, tu la sconterai. Non hai più vent’anni, né godi di una florida salute e verrà presto il giorno in cui l’isolamento ti peserà e ricercherai le cure e l’amore di una persona affettuosa ma sarà troppo tardi e dovrai finire i tuoi giorni solo ed abbandonato da tutti. La tua teoria che col denaro si può avere tutto è sbagliata perché l’affetto e la sicurezza d’avere intorno delle persone affezionate non si comprano. Se posso darti un consiglio, è quello che tu smetta di mentire perché forse è il solo mezzo per riabilitarti in faccia a tutti. Perché tu menti anche a te stesso […]”

Dobbiamo scontare da questa lettera l’atteggiamento di Elvira che vuole incolpare Puccini dei fatti avvenuti – e se devo dire la mia opinione personale, che però argomenterò se mai mi deciderò a scrivere sul serio di Puccini, è che per quanto Elvira avesse superato ogni limite conducendo al suicidio una povera ragazza, Puccini non fosse del tutto innocente e che abbia anche lui una sua quota di colpa nel suicidio – se non altro in quanto padrone di casa ed oggettivamente responsabile dei maltrattamenti inflitti ad una persona di servizio.

Ma anche scontando la situazione del momento, ricordiamoci che Elvira Puccini lo conosceva bene, anzi meglio di tutti, e quando lo accusa di egoismo, di paura di invecchiare, e di mentire anche a se stesso, non va poi così lontana dal vero. Io credo che per una reale comprensione dei meccanismi mentali di Puccini questa lettera sia indispensabile.


E’ vero che la lettera è ampiamente nota e commentata e certo non va persa. Dispiace però di vederla messa in vendita a privati.  Ad occhio l’origine della lettera è dal ramo di Albina Franceschini, la figlia di Ramelde Puccini, che mise molto materiale  a disposizione del Marchetti quando nel 1973 pubblicò la sua antologia di lettere.

13/11/17

Berino (filologia pucciniana)

“Berino” – forma italianizzata di “berin”, agnellino in milanese. La massima autorità in materia di filologia milanese (mia moglie), aggiunge che “la par un berin” si dice di bambina con i capelli riccioluti, appunto in analogia al pelo dell’agnello.

“Berin”/”Berino” era il soprannome di Palmira Bencetti (1860-1936), moglie di Ferdinando Fontana, il librettista de Le Villi ed Edgar, il migliore amico di Puccini nel periodo immediatamente successivo agli studi milanesi. Ignoriamo le fattezze della signora Palmira, ma dal soprannome potremmo scommettere che aveva i riccioli. Potremmo anche scommettere che fosse una donna vivace: quando sposa Fontana nel 1881 (ha quindi 21 anni) ha già nel curriculum un matrimonio, un figlio e un divorzio in Svizzera. Il 29 dicembre 1885, Puccini comunica a Fontana di avere anche lui un “berino” bello e buono per il quale è impossibilitato a lasciare Lucca: sarebbe ovviamente Elvira, già amante di Puccini. Da notare che in questi giorni il marito di Elvira (Gemignani, detto “Mago”), cantante semiprofessionista, è a Perugia a cantare la Favorita. Il secondo figlio di Elvira e del Geminiani, Renato, è nato in ottobre. – Fontana, in realtà, sapeva di Elvira già da qualche tempo prima.

Nella successiva corrispondenza con Fontana “berino” diventa il soprannome anche di Elvira.  Il termine viene usato in molta corrispondenza fra Fontana e Puccini, ed anche importante, perché Elvira rimane incinta di Puccini nel marzo 1886 e in luglio, non potendo nascondere la gravidanza, fugge con lui da Lucca; e il primo posto dove pensano di rifugiarsi è da Fontana a Caprino Bergamasco. Ma improvvisamente sorge un problema: il berino n.1 (la signora Palmira) diventa gelosissima del berino n.2 (l’Elvira), fino a minacciare di andarsene di casa se arriva l’Elvira (peraltro incinta) e Fontana le fa dei complimenti. Io non credo che fosse un problema di reale gelosia ma piuttosto del discredito che poteva attirare l’ospitare una coppia irregolare, per cui Fontana ebbe non pochi problemi nel trovare una stanza per i Puccini, cui si era unita anche la piccola Fosca. Alla fine Fontana piazzò tutti e tre a Monza, dove Elvira dette alla luce Antonio.


Sembra che la gelosia del berino Palmira andasse aumentando, per cui nel 1887 Puccini si lamenta in una lettera alla sorella Ramelde che la Palmira gli fa la guerra; e smesso il soprannome di agnellino, le appiccica il più toscano attributo di “budello” (puttana). E in pegno d’amore le regalerebbe un mazzetto di fave e merda. Il che ha fatto sospettare ad almeno un autore (Magri) che la Palmira avrebbe forse fatto delle avances a Puccini, senza successo.

04/11/17

Sempre su Puccini - Voci dal silenzio

A questo punto sarà ormai chiaro che la fonte primaria degli studi su Puccini sono le lettere; sia quelle che ha scritto che quelle che ha ricevuto. Un epistolario immenso: nessuno ne conosce la esatta consistenza. Quando Schickling iniziava a scrivere il suo libro su Puccini aveva catalogato 4000 lettere scritte da lui, quando lo termina è arrivato a 7000, ma  il conto totale continua a salire di anno in anno. Puccini usa lettere, telegrammi e cartoline con la stessa disinvoltura con la quale noi usiamo le email. Scrive di continuo a tutti e di tutto, spesso su carta intestata dell’albergo nel quale si trova. A volte dalle lettere più insignificanti si ricavano informazioni su dove si trova e con chi, tanto che Schickling riesce a ricostruire una cronologia nella quale possiamo identificare dove Puccini si trovi e a fare che cosa quasi giorno per giorno.

Tutta questa corrispondenza si trova dispersa in infiniti rivoli: trasferita a biblioteche a seguito di lasciti o acquisti, o nelle mani degli eredi dei destinatari originali, o venduta a collezionisti privati. Altra ancora nei registri commerciali delle ditte, Ricordi in primis, altra venduta come souvenir. Un paio di libri sono preziosi: per le loro biografie Seligman, Marek e Carner hanno avuto accesso a lettere che poi sono state rubate o finite a persone che non ne consentono più l’accesso, e le trascrivono in traduzione inglese, in qualche caso l’unico testo oggi disponibile. Viceversa l’edizione italiana della biografia di Carner è preziosa in quanto per essa Carner riuscì ad ottenere da Seligman e Marek i testi italiani originari da loro citati (non avrebbe avuto senso ritradurli in italiano dall’inglese!) e in alcuni casi questo è l’unico testo oggi disponibile.

Se io volessi procurarmi tutta la documentazione su Mozart, mi basterebbe avere tre libri: l’edizione Bärenreiter delle lettere (otto volumi anche in formato tascabile), la biografia documentaria di Deutsch per i documenti che lettere non sono e l’ultima edizione del catalogo Köchel per quello che riguarda partiture e musica. Virtualmente tutti i dati di fatto su Mozart sono in questi tre libri. Per Puccini questo lavoro è iniziato ma penso che occorreranno una o due generazioni prima di poter arrivare se non alla completezza, almeno ad uno stato di reale avanzamento. Schickling ha compilato un pregevole catalogo delle composizioni e delle loro varianti, ma la corrispondenza è un osso duro e ne è stato pubblicato, dal centro studi di Lucca, solo un volume dei nove previsti. In ogni caso pubblicheranno solo lettere di Puccini ma non le risposte dei corrispondenti. E già nel primo volume alcune lettere non si sono potute pubblicare per l’opposizione di Simonetta Puccini che è l’erede.

Tutte le edizioni della corrispondenza attualmente disponibili sono selezioni molto parziali. Quando voi mi fate una domanda la cui risposta stia in una lettera, di solito mi ricordo a memoria la risposta ma a volte è veramente difficile ricordare dove ho letto la lettera che vorrei citare. Ci sono gli epistolari ufficiali, Adami e Gara, che naturalmente affrontano più volentieri le questioni artistiche che quelle private; le lettere citate parzialmente da Marek, Seligman e Carner che a volte sono le più importanti per capire. La raccolta “Puccini com’era” del Marchetti che rispetta uno stadio in cui la famiglia allargata (incluso i discendenti delle sorelle di Puccini) era meglio disposta di adesso, per cui in definitiva è a mio avviso la raccolta più interessante; poi alcune raccolte specifiche, p.es. le lettere a Riccardo Schnabl o quelle del fondo Del Fiorentino a Montecatini. E migliaia di lettere disperse qua e là, presso antiquari, archivi, biblioteche, collezionisti.

Riflettete un attimo sulla natura della corrispondenza. Antonio è innamorato di Beatrice e tutti i giorni si scambiano lettere d’amore. Lo studioso che a posteriori voglia studiarli, dove trova le lettere? Quelle scritte da Antonio sono a casa di Beatrice, quelle scritte da Beatrice sono a casa di Antonio. Non esiste un unico luogo dove si possa avere il panorama completo.

Dato che, tendenzialmente, gli eredi più diretti di Puccini hanno sempre avuto la tendenza (non sempre la possibilità) di condizionare gli orientamenti degli studiosi, è più facile avere le lettere scritte da Puccini – che troviamo a casa di Illica, Giacosa, negli uffici della Ricordi, etc. – piuttosto che le risposte, che in teoria dovrebbero essere dagli eredi Puccini, ammesso che lo stesso Puccini non abbia deciso di distruggerle - per esempio per non farle cadere sotto lo sguardo sospettoso di Elvira.

La conseguenza di questo fatto è che di tanti personaggi di cui vi ho parlato abbiamo solo l’immagine specchiata in quello che Puccini scrive, ma le loro voci dirette sono andate perse. Leggiamo le lettere di Puccini, ma non le loro risposte. Si indovina che cosa possano aver risposto ma le loro parole esatte non ci sono più.

Non succede a tutti. Di Elvira, di Antonio, delle sorelle e relativi cognati e nipoti abbiamo tanti materiali; in parte negli archivi di famiglia (e qui sono preziosi gli estratti riportati dai primi biografi), ma anche negli archivi della famiglia estesa. Certamente molto è stato distrutto o secretato, ma nel frattempo altrettanto è già stato pubblicato. La corrispondenza di lavoro – Illica, Giacosa, Adami, Ricordi Giulio e Tito e tanti altri ancora, può essere ricostruita nei due lati con molta precisione. Fin dall’inizio è stata la corrispondenza più studiata, in quanto ci spiega la genesi delle opere e tutto il lavoro, spesso faticoso e gravido di conflitti, della definizione della sceneggiatura con continue riscritture e a volte il completo rovesciamento del piano generale delle opere. In particolare le lettere di Puccini a Illica – preziosissime per ricostruire la genesi delle tre opere più importanti – sono archiviate nella biblioteca Passerini-Landi di Piacenza, che per questo lascito è diventato il luogo dove è depositato il maggior numero di lettere di Puccini. Qualche cosa del rapporto con la Ricordi è stato deliberatamente censurato: alcune divergenze economiche negli anni dopo la guerra, che sono emerse solo in seguito.

Poi inizia la serie delle voci che sembrano chiamarci dal silenzio, o al silenzio perpetuo sono state destinate.

Schickling, in privato, dice che il grande enigma degli studiosi pucciniani è Sybil Seligman. Una persona di enorme importanza per Puccini, l’unica donna con la quale discutesse di questioni artistiche, dalla quale riceveva suggerimenti ed aiuti. E’ stata lei, per fare un esempio, a dare il titolo definitivo “La Fanciulla del West” a un opera che aveva avuto solo titoli di lavoro: Puccini la chiamava “La Girl”. Vincent  Seligman, figlio di Sybil, compilò una biografia pucciniana usando frammenti delle lettere indirizzate dal 1905 in poi a sua madre – è Puccini che parla – facendo attenzione a censurare tutto quello che potrebbe essere offensivo per chicchessia, comunque offrendoci una immagina intima del maestro di estremo interesse. Ma in questo dialogo sappiamo di Sybil solo per eco da quello che scrive Puccini: come se di lei vedessimo solo il riflesso in uno specchio; scritta da lei, è avanzata una unica cartolina. Anzi Schickling fa notare che, per essere una donna di tali ricchezze ed interessi, esistono solo pochissime foto, troppo poche - in pratica, una foto di lei da giovane, molto formosa; una del 1904 e una serie del 1907 in gita all’Abetone con tutti i Puccini, dove non è che fosse molto più attraente di Elvira che è tutto dire. Della sua vita pochissimi documenti. Qualche memoria contrastante dei familiari: secondo la sorella Violet fu amante di Puccini in senso fisico, ma solo per un periodo molto breve appena si erano conosciuti; secondo Vincent, che era il secondo figlio, la madre aveva perso qualsiasi interesse per il sesso dopo il difficile parto del primo figlio (che fu di salute cagionevole per tutta la sua non lunga vita), e Vincent non riusciva ad immaginare per quale fortunosa circostanza sua madre avesse acconsentito ad una seconda gravidanza (lui stesso). Fino a poco tempo fa, di Sybil non si sapeva neanche dove fosse sepolta. Paradossalmente, se è avanzato tanto poco di lei, è avanzato però il suono materiale della sua voce: era una cantante dilettante ed esistono due registrazioni dove canta romanze di Tosti che era il suo maestro – fra l’altro parecchio deludenti perché di lei si scriveva che la sua voce di contralto fosse bellissima, e non mi sento di dire che ritrovo questo giudizio in quello che sento. - Ma leggere direttamente i suoi scritti, questo non ci è possibile. Dato che Elvira accettava la presenza di Sybil, non è detto che le sue lettere siano andate distrutte. Mi aspetto che in un futuro forse lontano qualche cosa salti fuori dai bauli della famiglia Puccini. Viceversa, dopo la morte di Puccini Sybil ha regalato un po’ di lettere di lui come souvenir a vari amici e queste stanno saltando fuori una ad una; e sono fra le scoperte più interessanti. Più inquietante è vedere in vendita nelle case d’aste lettere di Puccini a Sybil che erano sicuramente nella disponibilità di Vincent perché sono citate nel libro. Questo significa che il fondo si sta smembrando, i proprietari lo stanno rivendendo a pezzi singoli.

Della deliziosa Josephine von Stengel avanzano le tre lettere pubblicate da Marchetti, una anche in facsimile. Marchetti non dice da chi le ha avute, ma si intuisce che siano rimaste a qualche familiare (non gli eredi diretti – se Elvira avesse trovato una lettera della von Stengel avrebbe fatto una carneficina). Sembra che recentemente da un antiquario si sia trovata una quarta lettera. Per poco che sia, questo fa di lei l’amante di Puccini che meglio conosciamo: l’unica della quale possiamo leggere i sentimenti, possiamo capire di che cosa parlava con Puccini, in una parola: l’unica che ancora sia viva davanti a noi e ci parli. Di Puccini avanza un biglietto a lei, intercettato dai servizi segreti durante la guerra e ritrovato da Schickling. Le lettere di Puccini rimaste nella disponibilità di Josephine sono state distrutte deliberatamente dalle figlie dopo la morte di lei, come da sua specifica richiesta: il suo amore se l’è portato nella tomba. Prima che Marchetti pubblicasse le tre lettere, si sapeva dell’amore per una bella donna ma non se ne sapeva il nome. Non mi stupirei se con il tempo saltasse fuori qualche cosa in più finito accidentalmente fuori posto, ma non credo a grossi ritrovamenti nemmeno se i bauli della famiglia Puccini fossero totalmente aperti agli studiosi.

Le lettere di Puccini a Rose Ader rimasero credo ad un fratello di lei. In certi periodi Puccini le scriveva anche tutti i giorni, di fatto sospetto che il loro legame fosse più che altro epistolare. Per qualche motivo qualcuno ha incominciato a venderle a gruppi sul mercato antiquario, e non è impossibile procurarsene una. Ma non ci è nota alcuna lettera della Ader a Puccini. Dal nostro punto di vista, è completamente muta. Non sappiamo se era intelligente o scema, non sappiamo se era allegra o triste - Puccini tende ad essere triste quando le scrive, e a prenderla un po’ per scema. Sappiamo che con la lingua italiana la Ader non doveva avere molta familiarità, ma questo non vuol dire molto; una donna interessante trova sempre il modo di farsi capire. Neanche l’italiano di Josephine è perfetto, ma questo semmai aumenta il suo fascino. Ci sarà qualche cosa della Ader fra le fantomatiche proprietà della famiglia Puccini? Mistero. Io credo che non ci sarà molto, anche se peraltro non risulta che Elvira abbia mai sospettato della Ader. – Della Ader come cantante sono rimaste alcune registrazioni; e devo dire che mentre tutti dicevano peste e corna della sua voce, della sua dizione e del suo solfeggio, tutto sommato sono più che ascoltabili, fra le registrazioni storiche si trova di molto peggio e relativamente a nomi molto più celebri.

Una voce che è stata completamente silenziata, come sappiamo, è quella di Cori ossia Corinna. Sappiamo per certo che quando Puccini scopre la sua attività torinese di escorting le scrive una “lettera ingiuriosa”, la minuta della quale è il documento nel fondo Bonturi-Razzi che permette forse di darle un nome. Un piccolo gruppo di lettere relative a Cori sono finite nel fondo Bonturi-Razzi:  la minuta della lettera ingiuriosa, una lettera relativa all’investigazione  su di lei che si attribuisce a Luigi Pieri amico di Puccini, ma la cui firma è illeggibile, più alcune corrispondenze di Illica relative alla piemontese da cui si evince che Illica ne sapeva più di tutti, e in tutte le trame per allontanare Puccini da lei faceva da intermediario tra Ricordi e i familiari. Mi fa venire la vertigine pensare come queste lettere, che sono fra le cose più riservate del maestro, la sua avventura più scandalosa, quella della quale si volle persino sopprimere il nome dell’oggetto, possano essere finite in una cartellina in casa della Ida Bonturi (che stava a Firenze in via Porta Rossa). Era materiale da bruciare, invece finisce in casa dell’Ida. - L’Ida era la sorella di Elvira, Beppe Razzi il di lei marito era in grandissima confidenza con Puccini, era addirittura uno dei compagni di zingarate del Club “la Bohéme” di Torre del Lago. Ma non capisco il meccanismo: le lettere sono state messe al sicuro nella loro casa per mano di Elvira o di Puccini? Per quale motivo sono finite da loro? Perché non sono state distrutte?
Troveremo mai qualche altra lettera su questo amore assurdo? Tutte le lettere scritte da Puccini a Cori, inclusa la lettera ingiuriosa, furono trasferite ad un avvocato con lo scopo di minacciare Puccini di azione legale. Per Puccini fu una prima legnata lo scoprire che aveva amato una escort – amato disperatamente, da ridursi ad uno straccio – seguì il secondo colpo di essere ricattato dall’ex oggetto di una passione così esasperata. Ricomprare le lettere dall’avvocato gli deve essere costato caro e mi stupirei se una sola di esse non finisse prudenzialmente bruciata, se non altro per cancellare ogni traccia di un amore naufragato in maniera così meschina. – Esisteva anche una corrispondenza di Cori verso Puccini: Puccini aveva fatto leggere a Ricordi alcune di queste lettere (il Puccini innamorato ha dei tratti di ingenuità sconvolgenti); e Ricordi le aveva trovate “scritti volgari, frasi fatte”. Sappiamo che lei scriveva a lui anche tutti i giorni o quasi. Lo intuiamo da un episodio: gli investigatori avevano accertato che Cori si era recata in visita presso un nobile biellese, uno di quelli che frequentavano il suo appartamento di Torino, per cinque giorni; la cosa era stata nascosta a Puccini semplicemente scrivendo alcune lettere in anticipo che poi erano state impostate da Torino dalla sorella di lei in maniera che dai timbri postali sembrasse che Cori fosse rimasta sempre a Torino.
Mi stupirei se tutto questo la documentazione di tutto questo fosse stata conservata da Puccini. Ma devo dire la verità, mi stupirei anche se in qualche archivio legale o in qualche faldone della Ricordi non fosse avanzato qualche documento da scoprire. Questa è una donna alla quale Elvira ha messo le mani addosso, che Elvira, Puccini e penso anche Ricordi hanno fatto spiare, sulla quale hanno trattato almeno tre avvocati, che tutti gli amici maschi di Puccini hanno visto, forse anche occasionalmente ospitato e qualcuno le ha anche scritto direttamente – e ogni traccia sarebbe andata persa? Improbabile. Parte della corrispondenza relativa a Cori ed in generale all’anno 1903 si è trovata negli archivi di Ricordi. Le cose più interessanti, inclusa la lunga e terribile lettera di rampogna di Giulio Ricordi a Puccini del 31 maggio 1903, furono pubblicate già da Sartori nel 1959. Nell’archivio Ricordi si è trovato un po’ di tutto, incluso due radiografie della gamba rotta di Puccini, ma penso che molte cose e soprattutto le più scottanti siano state fatte sparire.  Qualcosa salterà fuori prima o poi. Comunque, anche lei è una voce silenziata. Non sappiamo se fosse intelligente o stupida, se fosse così volgare come diceva Ricordi, di che cosa potesse parlare con Puccini. Non sappiamo nemmeno la cosa più importante, se conducesse la sua attività di incontri maschili solo al termine della relazione con Puccini o anche al suo inizio – in altre parole se avesse avuto almeno inizialmente un briciolo di sentimento per lui o se Puccini per lei fosse solamente un pollo da spennare per farsi una posizione.

Un’altra voce è stata silenziata, ma non tanto che non ne avanzi almeno il nome: Doria Manfredi. Doria ci parla solo con il suo gesto estremo, il suicidio. Sembra anche che abbia iniziato a dare la sua versione dei fatti solo nei cinque giorni della sua straziante agonia. Sappiamo che era andata a scuola e sapeva scrivere (non è una cosa scontata) anche se in maniera sgrammaticata; nel novembre 1907 i parenti le tolgono anche il calamaio per impedire che possa scrivere al maestro e cacciarsi in ulteriori guai. Alcune lettere di Puccini a Doria dove si dichiara l’innocenza di entrambi furono esibite dai parenti di lei nell’istruttoria del processo. Salteranno fuori altre lettere fra Puccini e Doria? Certo non dai familiari di Puccini. Credo che non ci sia molto da far saltare fuori, ma fra quello che c’è sono convinto che ci sono cose rilevanti.