Ho iniziato con la storia di Cori/Corinna, la misteriosa
amante di Puccini la cui identità fu soppressa, e il cui rapporto con Puccini
provocò prima una crisi personale, poi una crisi familiare, e poi addirittura
una crisi al vertice del mondo musicale italiano arrivando fino al livello del
presidente del consiglio (questo non ve l’avevo detto). Ho scritto prima un
articolo sulla storia di lei, poi un articolo su come Krausser e Schickling la
hanno identificata in una sarta torinese, Anna Maria Coriasco, poi diventata
una sorta di escort. Ma rimaneva una materia da trattare, che poi è la domanda
che mi è stata più volte ripetuta: tutto questo alla fine che cosa importa?
Io penso che questo importi. Credo che nessuna donna abbia
tanto condizionato la scrittura di una opera di Puccini come Cori ha
condizionato la scrittura di Butterfly. Involontariamente, è stata la più
importante di tutte. Ma spiegare il come è materia complessa.
Nella letteratura pucciniana è relativamente frequente
l’identificazione di persone della reale biografia di Puccini con personaggi
del palcoscenico. Per qualcuno, Minnie è Giulia Manfredi, Magda è Josi von
Stengel, Liù è Doria Manfredi, Turandot e la Zia Principessa sono Elvira. Persino
un autore tendenzialmente rigoroso come Schickling non resiste alla tentazione
di identificare Cori in Madama Butterfly. Le somiglianze ci sono: come
Butterfly, Cori è giovanissima ma esercita un mestiere vergognoso, va con un
bellimbusto e viene da questo abbandonata. Secondo Schickling Puccini nel
dipingere la figura del luogotenente Pinkerton è singolarmente ipocrita in
quanto indirizza l’indignazione del pubblico verso dei comportamenti che, nella
vita privata, erano i suoi stessi comportamenti. La povera Cori fu
probabilmente tenuta buona con una promessa di matrimonio mentre svolgeva i
suoi servizi sessuali, per essere poi scaricata per una vera moglie secondo
quelle che erano le opportunità sociali.
Un po’ di vero c’è, per usare il linguaggio di Pinkerton. Ma
si tratta di una lettura della vicenda a mio avviso molto rozza. Per trovare la
verità non bisogna accontentarsi delle somiglianze esteriori, ma bisogna
scavare di più il che non è facile perché si tratta di una vicenda che fu
censurata e anche raccontata in maniera unilaterale. Ma la principale maniera
di penetrare nel cuore e nella mente di Puccini è proprio approfittando dei
momenti di crisi.
Ripartiamo quindi da zero con Cori e Puccini, ed atteniamoci
ai fatti. Il primo fatto è che la relazione si sovrappone esattamente alla
scrittura di Butterfly.
Puccini conosce Cori probabilmente ai primi di febbraio del
1900, in occasione di repliche di Tosca a Torino, solo tre settimane dopo la
prima a Roma. Cori è uno pseudonimo che Puccini usa in diverse lettere dal 1900
in poi; solo nel 1903 la troviamo indicata come Corinna. Se Cori è davvero
Maria Anna Coriasco, verosimilmente Cori è la forma breve di Coriasco, e
Corinna deriva da Cori+Anna: uno dei soliti giochi di parole di Puccini. E’
piemontese di Saluzzo ma vive a Torino, figlia di una coppia di fornai, fa la
sarta così come la sorella. Nel febbraio
1900 ha compiuto da poco 17 anni, il che significa che è minorenne perché la
maggiore età arriva a 21. Da due lettere intuiamo che Puccini se la porta a
letto con ogni probabilità il 14 e il 22 febbraio 1900. Da un punto di vista
legale l’età di lei non è un problema, perché la legge italiana del tempo fissa
l’età del consenso al rapporto sessuale a 14 anni, sono forse problemi la
grande differenza di età e di classe sociale fra lei e Puccini (che ha 41 anni
appena compiuti). Quella che doveva essere una storia di sesso con una giovane
ammiratrice degenera rapidamente, Puccini perde la testa e qualsiasi prudenza.
Sappiamo che, approfittando di una assenza di Elvira, se la porta in casa a
Torre del Lago nel fine settimana del 2 giugno 1900, con la complicità di Ferruccio
Pagni detto “Ferro”e altri amici di Torre. Un gesto che lascio a voi da interpretare. Puccini
voleva esibirla agli amici? O farle vedere la casa nuova appena ristrutturata? O
magari le aveva promesso che un giorno in quella casa ci avrebbe vissuto con
lui?
Il prossimo episodio è narrato da Marotti ma l’origine è
Pagni che ovviamente sa molto più di quel che racconta. Puccini è in partenza
dalla stazione di Pisa per Parigi, Cori lo accompagna almeno fino a Genova. Il
treno è in ritardo e si intrattengono insieme in stazione dove un anonimo vede
Puccini con una donna e avverte la sorella di lui, Nitteti. La Nitteti – potete
chiedervi se ci era o ci faceva – scrive una letterina a Puccini
rimproverandolo per essere passato da Pisa con sua moglie senza venire a fare
visita. Se guardiamo la cronologia di Schickling, verso il 5 giugno Puccini
parte davvero per Parigi, ed è evidentemente quel giorno che succede
l’incidente alla stazione di Pisa. Da Parigi Puccini prosegue per Londra dove
arriva il 13. Il 21 giugno va a vedere la “Madame Butterfly” in prosa di
Belasco – la vede perché è in inglese e non ne capisce una parola, ma rimane
entusiasta del soggetto anche solo da punto di vista visivo: la scena
dell’attesa di Butterfly dura 15 minuti di effetti di luce senza dialoghi.
Incomincia a lavorarci sopra con la testa. Torna indietro passando da Parigi e
Torino (chissà perché da Torino, e raccomandando a Illica di dire che era
ancora a Parigi) e il 28 luglio torna finalmente a Torre del Lago. Che cosa è
successo nel frattempo? Elvira è tornata prima di lui, nell’assenza di Puccini
ha aperto la lettera di Nitteti e si è posta una domanda: chi era quella donna
alla stazione di Pisa con lui? Puccini trova una Elvira incontenibile; inventa scuse
su scuse ma non serve a niente, agli amici dirà che i graffi sul viso sono
dovuti ad un incidente di caccia.
La storia di amore fra Cori e Puccini nasce quindi
contemporaneamente all’idea di Butterfly; e ambedue si chiuderanno in sincrono,
dopo molte peripezie, alla fine del dicembre 1903. Ora, c’è chi ha tenuto dalla
corrispondenza privata la cronologia della storia di Cori (è stato Krausser); e
chi ha tenuto dalla corrispondenza di lavoro con Illica, Giacosa e Ricordi la
cronologia della scrittura di Butterfly (una pubblicazione assai massiccia del
centro studi di Lucca). Si potrebbe provare a mettere le due cronologie in
parallelo. Io l’ho fatto ma per un discorso significativo bisognerebbe
spenderci diverse pagine.
Nell’anno 1901 il lavoro su Butterfly è molto lento e di
fatto solo preparatorio, perché il libretto non è pronto. Dal punto di vista
privato, la storia d’amore diventa un po’ una pantomima di incontri furtivi e
di reazioni sempre più violente da parte di Elvira, che arriva fino ad
inseguire ed a prendere ad ombrellate la signorina piemontese (se non ci fosse
l’onnipresente Pagni la cosa potrebbe finire male). Elvira si sente franare il
terreno sotto i piedi. Un matrimonio fra Puccini e Cori sarebbe teoricamente
possibile, ancorché scandaloso perché lei nel 1901 compie 19 anni e lui 43, lui
è il genio che il mondo invidia all’Italia e lei una sartina dei bassifondi,
anche se Puccini la fa passare per maestra. Elvira viceversa non può
costringere Puccini a sposarla, nonostante il figlio che hanno avuto, perché
lei legalmente è la moglie di Narciso Geminiani finché morte non separi ed il
divorzio, in Italia, non esiste.
Dalla fine del 1901 e per tutto il 1902 Puccini lavora sul
primo atto di Butterfly, in particolare sulla lunghissima scena introduttiva (nella
prima versione ancora più lunga) dove si definisce l’ambientazione dell’opera e
il suo stile musicale che con la scusa dell’esotismo presenta un linguaggio
armonico molto più ampio delle opere precedenti. Di nuovo, lavoro molto lento
ma possiamo immaginare che in questa fase si definisca l’intera fisionomia
dell’opera, da cui la necessità di procedere con i piedi di piombo. La crisi
familiare subisce una escalation diventando una crisi lavorativa: Illica e Giulio
Ricordi temono seriamente che la storia con Cori, dietro alla quale Puccini
letteralmente ci finisce il cervello, possa bloccare non solo la scrittura di
Butterfly ma anche chiudere del tutto la carriera musicale di Puccini. Per la
Casa Ricordi sarebbe un disastro perdere l’erede di Verdi nel suo momento di
maggiore rendimento. Ma penso che sia stata anche l’Elvira a chiedere
disperatamente a Ricordi di intervenire: se non nel 1902, sicuramente l’anno
successivo. Nel settembre 1902 comunque Elvira manda una persona a Torino per
spiare la rivale. Sappiamo anche che una donna viene incaricata di andare a
lezione di cucito da una sartina amica di Cori per carpirne le confidenze. E
forse qui inizia ad uscire fuori qualcosa. Qualcosa che Puccini non sa.
Butterfly subisce una crisi a fine 1902 quando Puccini
chiede ad Illica e Giacosa di buttare all’aria metà del lavoro fatto. Nel suo
piano originale Butterfly aveva tre atti: matrimonio di Butterfly – un atto al
consolato americano dove si svolge il cuore dell’azione – suicidio di
Butterfly. Lasciando per buono il primo atto che a fine 1902 è già composto e
strumentato, Puccini chiede di cassare l’atto del consolato e riscrivere un
unico atto, sulla scia esatta del dramma di Belasco, con la graduale evoluzione
di Butterfly fino al suicidio. Parte dei versi già scritti possono confluire
nel nuovo atto, ma di fatto significa riscrivere il 50% del libretto. Illica ci
sta, Giacosa brontola di più. Ricordi è preoccupato sia per Butterfly che per
Cori.
Come sappiamo, nella notte del 25 febbraio 1903, Puccini rimane
vittima di una “catastrofe automobilistica”; l’auto guidata dall’autista
Barsuglia si ribalta in una curva circa dalla parte opposta del lago rispetto a
Torre. Puccini rompe la gamba, viene medicato sul posto, il giorno successivo
viene portato a casa caricando la lettiga su una chiatta. Le foto scattate in
questa occasione sono le uniche in tanti anni dove si veda Elvira sorridente,
anzi ghignante (Giacomo, finalmente mio!). Il giorno stesso, 26 febbraio,
Elvira rimane vedova: terminato un periodo di 10 mesi prescritto dal codice
civile, potrà finalmente sposare Puccini (in pratica, a partire dal gennaio
1904).
L’anno 1903 diventa un anno da pazzi: Puccini è bloccato a
letto, non può più vedere Cori: con Illica paragona il regime casalingo a
Regina Coeli. Gli leggono la posta. Iniziano le manovre di Ricordi, Illica,
Elvira e anche delle sorelle Ramelde ed Iginia (la suora) per costringerlo a
sposare Elvira e liquidare la piemontese. I parenti tutti hanno paura di non
riuscire a tenere Puccini, che appena tornerà in piedi possa fare la follia di scappare
per sposare Cori, e si rivolgono a Ricordi. Ricordi arriva fino ad andare
personalmente dal presidente del consiglio Zanardelli per chiedere un decreto
ad personam che esenti Elvira dall’attesa dei 10 mesi, ma Zanardelli rifiuta. Il
31 maggio Ricordi scrive a Puccini una lettera di ingerenza pesantissima nella
sua vita privata, pressandolo a troncare il rapporto con Cori verso la quale
sono indirizzate pagine e pagine di insulti. Puccini continua a tenere il piede
in due scarpe fino a quando qualche anima buona gli fa capire una importante
distinzione che forse gli era andata persa: quando Ricordi dà di “bassa creatura
dagli istinti puttanieri” alla Cori, non è solo perché questa va a letto con
Puccini. Cori ha istinti puttanieri perché va a letto con molti altri oltre
Puccini, e Puccini incomincia a realizzarlo solo adesso. Ed è bassa perché
viene da una famiglia impresentabile. Puccini la fa seguire da due
investigatori per i mesi di agosto e settembre, in ottobre arriva il rapporto
finale: Cori, in effetti, è una escort di un certo livello. Puccini, sempre
geloso delle sue donne dalle quali non avrebbe tollerato la minima infedeltà,
le dà il benservito. Lei si rivolge ad un avvocato minacciando una azione
legale. Fino alla fine dell’anno ci saranno serrate trattative. Puccini subisce
due colpi emotivi gravissimi: il primo, quando scopre che Cori lo ha ingannato,
forse sono addirittura quattro anni che lo sta ingannando. Non era l’amore travolgente
ma una cacciatrice di quattrini o forse di una superiore posizione sociale.
Secondo colpo, l’amore naufraga nelle carte bollate di uno studio legale. Lei
passa le lettere intime ad un avvocato, minaccia Puccini, forse lo ricatta.
Forse gli investigatori hanno esagerato, sulle infedeltà si poteva passare
sopra; ma questo è un colpo basso troppo grave.
Ora, in tutto questo caos Puccini non riesce a scrivere da
marzo a giugno per impossibilità materiale di sedersi al pianoforte.
Aggiungiamo anche il tempo perso in un viaggio a Parigi in settembre,
camminando con le stampelle, e vediamo che il lunghissimo secondo atto di
Butterfly è stato scritto in pochissimo tempo, cinque, massimo sei mesi, nelle
condizioni ambientali e psicologiche più pressanti. Butterfly viene terminata
il 27 dicembre, Cori viene liquidata con un indennizzo negli stessi giorni: su
di lei cadrà l’oblio, nessuno ne parlerà mai più, solo Elvira avrà il coraggio
di rinfacciare a Puccini il suo comportamento molti anni dopo. Il 3 gennaio
Puccini sposa Elvira con cerimonia riservatissima; il 7 iniziano le prove di
Butterfly alla Scala.
L’eredità di Cori è pesante: ancorché da adesso legalmente
uniti, Puccini ed Elvira non troveranno più un modus vivendi. Lei gli leggerà
la posta fino alla morte e lui si farà mandare la posta compromettente a una
casella postale di Viareggio. Dovrà sempre ricordare agli amici che cosa può
essere scritto a Torre del Lago e che cosa non può essere scritto. Lei gli
frugherà la scrivania, i vestiti, lo spierà, lo terrà sotto osservazione per
sempre. E lui diventerà sempre più diabolico nell’aggirare il regime di
polizia.
Non saprei dire che cosa lasci Puccini a Cori, a parte un
po’ di quattrini in cambio del silenzio. In tutta la vicenda non saprei dire se
sia stata lei a sfruttare lui o viceversa. Forse tutte e due le cose insieme.
In ogni caso, era un amore impossibile fin dal primo minuto.
Un discorso che troviamo spesso riferito dagli amici di
Puccini, è che Puccini diceva che per trovare l’ispirazione musicale aveva bisogno
di essere innamorato. Qualche volta arrivava a teorizzare che l’artista dovesse
cambiare moglie ogni cinque anni per preservare l’ispirazione. All’Elvira
scriverà nel 1915 la famosa lettera dove la invita a non rompere le scatole,
per gli uomini cacciare le donne è uno sport, lui ha bisogno di coltivare i
suoi giardinetti, etcetera.
Questi discorsi, a mio avviso, sono semplicemente una
copertura, o meglio una forma di autoassoluzione. Io non ci credo per niente:
chiacchere. Puccini è tendenzialmente un depresso con periodi di iperattività.
A volte è la stessa depressione che lo spinge all’iperattività. Quando inizia
la relazione con Cori è perché a 41 anni si sente vecchio, soprattutto da un
punto di vista sessuale, ed una notte d’amore senza freni con una minorenne
disinibita è la cura a questa paura latente di invecchiare. Ma se leggiamo le
non molte lettere d’amore che di Puccini sono avanzate, vediamo una costante:
che alla lunga l’amore su Puccini ha un effetto deprimente. Ne rimane
completamente travolto, si riduce come uno straccio; e diventa triste, triste,
triste. Questo della tristezza è un vero ritornello che troviamo continuamente
in Puccini, in tutte le epoche, in tutte le situazioni, specialmente quando si
rivolge ad una donna; probabilmente
Puccini trova più ispirazione nella tristezza che nell’esaltazione.
Come si riduce Puccini per Cori? Ce ne dà un ritratto, ai
limiti dell’esilarante, Giulio Ricordi discutendone con Illica, 2 dicembre
1902:
“Puccini è un uomo perduto per l’arte e per gli amici!.. Tutto, ciò prepara: lo sguardo, il floscio dei muscoli mascellari, i movimenti del corpo, l’irrequietezza dello stare, la noia improvvisa!”
“Puccini è un uomo perduto per l’arte e per gli amici!.. Tutto, ciò prepara: lo sguardo, il floscio dei muscoli mascellari, i movimenti del corpo, l’irrequietezza dello stare, la noia improvvisa!”
“Il floscio dei muscoli mascellari”: voglio prenderla
letteralmente. Significa che a furia di finirsi a letto con la ragazzina, a
Puccini gli rimane la bocca aperta. Provate ad immaginarvi il ritratto. Eppure,
questo è l’uomo che in quei giorni ha appena terminato il suo duetto d’amore
più rovente, il duetto che un Gustav Mahler giudicherà addirittura osceno per
la sua intensità; il duetto che non riuscirà più ad eguagliare, la morte se lo
porterà via mentre inutilmente cerca di scriverne un altro. Sotto questo punto
io trovo che Cori sia rimasta per sempre stampata non nella vicenda teatrale di
Butterfly, ma nella filigrana della musica. Un’impronta che nessuno potrà
cancellare, e molto più profonda di una somiglianza esteriore della vicenda.
Leggiamo un altro passo di Ricordi, dalla lettera gravissima
del 31 maggio 1903:
“Ed una bassa creatura, dagli istinti puttanieri, si
impossessa del cuore, della mente, del corpo di sì eletto artista, e con oscene
voluttà che lo avrebbero condotto alla morte morale, poi alla fisica, lo fa suo
trastullo così da apparire ai di lui occhi come fata benefica, amorosa, ispiratrice!”
La morte fisica significa che Ricordi aveva paura che Cori
avesse attaccato la sifilide a Puccini – sospettiamo che Ricordi sapesse di
Cori qualche cosa che Puccini ancora non sapeva – ma le parole che seguono sono
chiare: Cori è la fata ispiratrice di Puccini.
Questo Puccini lo deve aver detto chiaramente a Ricordi. Da un altro
passo sappiamo che Puccini ha fatto leggere a Ricordi le lettere d’amore che
Cori aveva scritto.
Cori è l’ispiratrice anche del peggio di Butterfly. Tutta la
scena fra Suzuki, Pinkerton e Sharpless, dopo la veglia di Butterfly, che
comunque sarà riscritta più volte, è il momento meno a fuoco dell’intera opera.
Soffre certamente qualche disparità di libretto, ma viene anche scritta nel
momento in cui Puccini scopre di essere stato ingannato da Cori (“di quella là
avrei da raccontarti tante cose … brutte non ti dico i dolori inenarrabili
miei”, scrive a Illica). Coincidenza? Sotto la pressione della scadenza – a
settembre viene fissata la prima alla Scala, a dicembre l’opera deve essere
finita in ogni modo - certamente Puccini ha lasciato correre anche soluzioni
non ottimali. Fosse stato più lucido, o avesse avuto più tempo, questa scena
forse sarebbe stata migliore. Per fortuna dopo aver buttato su carta questa
scena, ormai è rimasta da fare solo la strumentazione del secondo atto, lavoro
più di meccanica musicale che di creazione.
Anche se l’accordo pecuniario con Corinna – il prezzo di
riavere indietro lettere d’amore dove si può solo immaginare che cosa possa
esserci scritto – arriva solo a fine dicembre, il rapporto fra Cori e Puccini è
emotivamente chiuso dal 24 novembre, giorno in cui arriva la raccomandata
dell’avvocato di lei. Puccini è distrutto. Ma in qualche giorno riesce a
superare la crisi: lo scrive ad Illica il 28 novembre. Forse qualche cosa conta che il 27 sia stato
definitivamente condannato per oltraggio al pudore il padre di Cori, e questa
verosimilmente non lo potrà ricattare più di tanto. Anche le fosse stato
promesso il mondo, dopo una condanna così disonorevole quale tribunale
riconoscerebbe come vincolanti le promesse? Ma ormai è rimasto solo da
strumentare la seconda parte del secondo atto, lavorando a rotta di collo. Non
dico a mente fresca, ma se non altro avendo chiuso tutte le ambiguità che Puccini
si era portato dietro quattro anni.
………….
Come vedete, non è un discorso lineare e semplice da seguire.
Colpa di Puccini, che era una persona vera, non facile, con comportamenti
spesso contraddittori e la tendenza a cacciarsi dentro guai troppo grandi per
lui. Un Puccini così può non piacere, lo ammetto. Ma lui era così, e io trovo
più interessante il Puccini vero di quello agiografico. Come in tutto questo
marasma, sia riuscito a tenere la barra del timone ferma e a darci non solo una
delle sue migliori opere, ma quella che lui stesso amava sopra le altre e non
si stancava mai di risentire, non lo so spiegare.
Però ripensate ad una cosa: Puccini esce dall’anno 1903
esausto. In un certo senso, non sarà mai più il Puccini dei tempi migliori; dopo
tre opere in fila quali Bohème, Tosca e Butterfly, non riuscirà più ad
azzeccare successi così travolgenti. Scrive il 25 aprile 1904 a Illica: “Se
metto le mani al piano sento schifo! qualunque accordo, qualunque nota di canto
mi sembra cosa fatta e rifatta, fritta e rifritta”.
A parte gli aggiustamenti di Butterfly, da giugno 1904 al maggio
1908 – quattro anni interi – Puccini scrive in tutto dieci pagine di carta da
musica: una romanza da salotto per una incisione su disco e il piccolo Requiem
in memoria di Verdi che più piccolo non poteva essere. Dieci facciate in
quattro anni. - Puccini la prossima opera la finirà nel 1910, e dopo essersi
cacciato in un guaio peggiore di Cori: Doria. Per tornare a scrivere qualcosa
al livello di Butterfly, ci metterà forse quindici, forse venti anni. La
profezia di Giulio Ricordi, che Puccini andasse perso per l’arte se non metteva
la testa a posto, funzionò a rovescio: Puccini mise la testa a posto, liquidò
la creatura dagli istinti puttanieri, regolarizzò la posizione della sua
compagna e di suo figlio. Ma per l’arte andarono persi almeno parecchi anni.
Un cinico potrebbe persino dubitare che l’interesse
commerciale della casa Ricordi sarebbe stato meglio servito da un Puccini con
una moglie giovane e brillante, ancorché di dubbia reputazione. Se l’autista
Barsuglia avesse preso la curva giusta, poteva finire davvero così.
Una ultima considerazione. Forse si sarà capito, ma io provo
simpatia per Cori, e anche un po’ di pietà. La prima perché le cattive ragazze
destano l’ammirazione maschile più delle buone ragazze. La seconda perché, se
davvero si tratta di Maria Anna Coriasco, il destino è stato feroce facendola
sopravvivere fino al 1961, cioè per 57 anni di anonimato dopo tre anni di vita ruggente.
Una punizione esagerata rispetto a tutte le colpe che può avere avuto, con
l’attenuante che un poco anche grazie anche a lei abbiamo una delle opere più
belle ed amate di tutti i tempi, che dopo più di un secolo ancora commuove il
pubblico sera dopo sera. Io spero davvero che da qualche cassetto un giorno
salti fuori qualcosa che ci parli di lei per due minuti. Se lo sarebbe meritato.
Il maestro Logi rimane un faro. Straordinario.
RispondiEliminaBisognerebbe fare un aggiornamento perchè, come si è venuto a sapere nel 2022, Cori non era la sarta Anna Maria Coriasco (questo nome frutto di un errore di Krausser & Schickling) ma la studentessa e poi maestra Corinna Maggia, la quale dopo aver lasciato Puccini si sposò con un ottimo partito, un avvocato, e sopravvisse fino al 1973, cioè 69 anni dopo il fatto. Ma il ritratto di Corinna è complesso e potete trovarne uno nel mio Almanacco musicale e drammatico per l'anno 2024, pubblicato su youcanprint.it e reperibile anche le librerie online e fisiche.
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