02/02/12

Diapason

[citazione da

> Certe fioriture vocali di Rossini, oppure certi passaggi sovracuti presenti
> nelle opere di Bellini oggi risultano quasi ineseguibili e costano agli
> esecutori sforzi tremendi per raggiungere note che ai loro tempi erano quasi
> un tono sotto di quelle attuali.

Questa è una leggenda urbana. Prego di prendere il monumentale studio di acustica di Helmoltz, pubblicato non ieri ma nel 1885, e disponibile a poco prezzo tradotto in inglese in edizione economica Dover ("On the sensations of tone"). In una tavola, che si estende su diverse pagine, abbiamo riassunte centinaia di testimonianze sui diversi diapason e dei contesti nei quali sono stati usati, con il la3 che va da poco più di 370 (eliminando i modelli teorici: a Lille c'è un organo del 18° secolo intonato con il la a 374.2) fino quasi a 500 (da capo, eliminando i modelli teorici: un organo del 1700 nello Holstein, distrutto nel secolo scorso, aveva il la a 495.5).

In mezzo fra questi estremi si trovano parecchi possibili usi. Andiamo a vedere la tabella delle testimonianze nei teatri italiani, ed ecco che cosa si trova:

1845   Firenze  436.7
1845   Milano   446.6
1845   Torino   439.4
1856   Milano   450.3
1857   Milano, Scala 451.7
1857   Napoli, S. Carlo 444.9
1859   Torino   444.8

Per paragone, qualche dato francese, dello stesso periodo:

1856   Parigi, Opera 445.8
1856   Parigi, teatro degli italiani 447.4

dati tedeschi:

1859   Brunswick  443.5
1859   Karlsruhe  435.0
1859   Gotha 443.3
1859   Weimar 444.8
1859   Stuttgart  443
1859   München  448.1

Ora, come si vede, il la dei teatri italiani poteva essere più basso, ma poteva anche essere molto più alto di quello attualmente in uso.

La teoria secondo la quale le opere di Rossini Bellini Donizetti e Verdi sono ineseguibili con il la a 440 o 442 è destituita di ogni fondamento. Si insegni meglio a cantare (ci sono in giro cani da fare paura), e si vedrà che sono eseguibilissime. Tanto più che la maggior parte dei cantanti di oggi non sono in difficoltà sugli acuti, ma, piuttosto, sui centri e sul passaggio di registro.

(Senza naturalmente dimenticare che, in origine, le tessiture delle opere erano molto più basse di come sono cantate adesso. Negli spartiti originali Lucia non ha colorature sovracute, Manrico non canta nessun do, Violetta non ha il mi bemolle. Tutte cose aggiunte dopo. Salvo lamentarsi che il la è troppo alto).

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